Il Museo

GalleryIl Museo dei Brettii e degli Enotri è soprattutto un’esposizione archeologica permanente, ma anche un polo culturale che ospita mostre temporanee, concerti e incontri istituzionali. Qui, in un connubio fra archeologia, arte e strumenti didattici anche digitali, il visitatore può vivere la cultura in maniera innovativa e piacevole. Tutto, dalla grafica dei pannelli didattici all’illuminazione degli ambienti, è curato in modo da creare un’atmosfera accattivante ma anche accogliente, in cui principalmente l’archeologia della Calabria, marcatamente quella del cosentino, è a disposizione di chi volesse scoprire le origini antiche della nostra terra.

La struttura ospita una vasta collezione archeologica, proveniente dagli scavi urbani e da località diverse della provincia, che abbraccia un ampio arco cronologico: dai resti ossei del Paleolitico superiore delle grotte di Cirella all’oinophoros di età romano-imperiale (III sec. d.C.) proveniente da Cosenza.

Il nucleo più rappresentativo è composto dai corredi di una vasta necropoli da Torre Mordillo (Spezzano Albanese), relativa ad un centro di età protostorica prospiciente la piana di Sibari, la cui attività venne interrotta dall’arrivo dei Sibariti (720 a.C.). I corredi sono costituiti da contenitori in ceramica di varie forme e grandezze (scodelle, tazze, olle, askoi, vasi) e da numerosi oggetti bronzei come fibule, rasoi, dischi, monili, asce, punte di lancia e coltelli.  Fra i tanti oggetti bronzei inerenti il popolo enotrio meritano una menzione particolare, sia per la fattura che per il loro significato, una fibula ad arco di violino, una spada con fodero e un cinturone con decorazione a meandro rettangolare.

Al successivo periodo coloniale greco fanno riferimento altri importanti reperti rinvenuti nel comune di Corigliano Calabro, in località Cozzo Michelicchio, che testimoniano l’esistenza di un edificio con una specifica destinazione sacra, un luogo di culto extra-urbano forse dedicato ad una divinità femminile, che viene considerato tra i più antichi dell’area sibarita. Il santuario forse fu utilizzato in un certo periodo come luogo d’incontro fra Greci ed indigeni.

All’età ellenistica e romano-repubblicana risalgono molti altri reperti provenienti da diverse località della provincia di Cosenza (Corigliano Calabro, Montalto Uffugo, Luzzi, Carolei, Cerchiara di Calabria, ecc.), ma quelli particolarmente significativi sono gli oggetti rinvenuti nella città stessa, l’antica metropoli della Confederazione dei Brettii, fondata nel 356 a.C. con il consenso di tutti i confederati (da qui il nome poi  latinizzato di Consentia).

Il bellicoso popolo brettio, scontratosi dapprima coi Greci stanziati sulle coste, su cui spesso riuscì a prevalere, finì in un secondo momento coinvolto nelle guerre fra Roma e gli invasori stranieri della penisola. In ultimo, i Romani prevalsero sui nemici estendendo il proprio dominio a tutto il Sud Italia. A questo punto, anche i Brettii, che diverse volte avevano appoggiato i rivali di Roma, persero la propria autonomia. Nel 202 a.C. Cosenza divenne a tutti gli effetti una città romana.

Proprio al periodo romano della città risale l’ultima acquisizione del Museo, un’elegante stele funeraria ritornata a Cosenza dopo oltre cento anni dal suo ritrovamento nei locali dell’ex Seminario Arcivescovile (attuale Biblioteca Nazionale) che rappresenta il documento epigrafico sicuramente più interessante fra quelli rinvenuti negli scavi urbani.

Menzione a parte merita il monetiere del Museo, che conserva numerosi esempi della migliore monetazione romana in ottimo stato di conservazione. Nell’esposizione trovano spazio anche alcune monete greche, brettie, tardo romane e medievali.

Il Museo dei Brettii e degli Enotri, oltre ai numerosi reperti archeologici, ospita anche, al secondo piano, una raccolta di documenti e cimeli relativa alla storia risorgimentale della città. La collezione si connette intimamente con lo stesso complesso di Sant’Agostino, all’epoca carcere borbonico, che fu probabilmente l’ultima prigione dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, poi fucilati nel vicino Vallone di Rovito.

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